About the Book
Graffiti, tagger, tag, writing, stickers, stencil varie sono le tecniche con cui il writer realizza il proprio “pezzo”, marca il territorio, segnala il suo passaggio.
Spesso ci chiediamo: il writing è un'arte? È una sottocultura? È puro vandalismo?
Quando il writing dilaga oltre le metropoli americane, approdando in Europa e dalle periferie si spinge verso il centro delle città, così ricche di monumenti, di opere d'arte (quella vera?), cosa diviene?
Cosa muove questo continuo bisogno di apporre la propria firma (tag) quasi fosse un innato istinto, scegliere un nome e scriverlo, spesso con uno stile si originale ma quasi sempre incomprensibile, in maniera ossessiva senza nessun rispetto per la superficie che lo ospiterà, che indifferentemente potrà essere un vecchio muro diroccato oppure una colonna di marmo antico o la parete di una chiesa gotica?
Quando una città delicata, eterea, sedimentatasi nei secoli come Venezia, e da tutti riconosciuta come la più bella del mondo, viene assalita quotidianamente da una schiera di graffitari, tagger e quant'altro che, con caparbia tenacia armati di bomboletta spray (bonza) e di pennarello (marker), creano il loro pezzo, appongono la propria firma o lo pseudonimo in ogni luogo, cosa pensiamo? Come reagiamo?
Io non posso e non voglio rispondere a questi quesiti, pur riconoscendo una valenza di forma d'arte (street art), in alcuni, e una sorta di autodisciplina nel non intaccare monumenti ed opere pubbliche di pregio, in altri non posso che stigmatizzare il comportamento dei tagger che hanno come unico obiettivo il riempire la città della propria firma rendendo quindi le tags una costante onnipresente nelle nostre città, compresa Venezia, e totalmente fuori dal controllo delle autorità.
Spesso ci chiediamo: il writing è un'arte? È una sottocultura? È puro vandalismo?
Quando il writing dilaga oltre le metropoli americane, approdando in Europa e dalle periferie si spinge verso il centro delle città, così ricche di monumenti, di opere d'arte (quella vera?), cosa diviene?
Cosa muove questo continuo bisogno di apporre la propria firma (tag) quasi fosse un innato istinto, scegliere un nome e scriverlo, spesso con uno stile si originale ma quasi sempre incomprensibile, in maniera ossessiva senza nessun rispetto per la superficie che lo ospiterà, che indifferentemente potrà essere un vecchio muro diroccato oppure una colonna di marmo antico o la parete di una chiesa gotica?
Quando una città delicata, eterea, sedimentatasi nei secoli come Venezia, e da tutti riconosciuta come la più bella del mondo, viene assalita quotidianamente da una schiera di graffitari, tagger e quant'altro che, con caparbia tenacia armati di bomboletta spray (bonza) e di pennarello (marker), creano il loro pezzo, appongono la propria firma o lo pseudonimo in ogni luogo, cosa pensiamo? Come reagiamo?
Io non posso e non voglio rispondere a questi quesiti, pur riconoscendo una valenza di forma d'arte (street art), in alcuni, e una sorta di autodisciplina nel non intaccare monumenti ed opere pubbliche di pregio, in altri non posso che stigmatizzare il comportamento dei tagger che hanno come unico obiettivo il riempire la città della propria firma rendendo quindi le tags una costante onnipresente nelle nostre città, compresa Venezia, e totalmente fuori dal controllo delle autorità.
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Features & Details
- Primary Category: Fine Art Photography
-
Project Option: Large Format Landscape, 13×11 in, 33×28 cm
# of Pages: 150 - Publish Date: Jun 12, 2011
- Language Italian
- Keywords Venezia, graffiti
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